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redazione@insideoutrend.itUn appartamento scenografico nel cuore di Milano diventa il primo showroom virtuale per raccontare il design in modo inedito, social e alla portata di tutti.
Un movimento di rottura, provocatorio, votato all’eccesso e alla sperimentazione giocosa di volumi e cromie, animato da effetti cangianti e luccicanti.
Ancora oggi sono molti gli aspetti di moda e design che riprendono quell'attitudine all'emancipazione e al culto della trasformazione - cifra stilistica degli Anni Settanta.
Con le sue atmosfere suggestive e ricche di contrasti, Tropical Chic è uno stile eclettico, che delinea accostamenti audaci, tra forme minimal e colori brillanti.
Entrare in un museo considerato un luogo sacro del design mondiale non è mai stato così insolito. Occhi e mani, solitamente imbrigliati in mosse controllate, si muovono liberi ed esplorativi all’interno degli spazi della Fondazione Castiglioni.
Fa ballà i man, la mostra di Giovanna Castiglioni dedicata al padre Achille, richiama il famoso detto lombardo “Fa balla` l’oeucc”, ovvero “Fai ballare l’occhio”. In questo caso “a balla`” sono anche le mani, chiamate ad afferrare, muovere, spostare, girare, premere: gesti quotidiani, all’apparenza banali, ma tanto fondamentali nella storia di Castiglioni da meritare uno spazio di racconto da toccare con mano.
Un oggetto visto non ci “parla”, non si offre a noi nello stesso modo di quando è toccato o sentito. (Andrea Semprini, L’oggetto come processo e come azione)
Achille Castiglioni nasce a Milano nel 1918, cresce in zona Porta Nuova, sotto l’influenza dei fratelli Livio e Pier Giacomo, che lo introducono al design. Il rapporto tra i fratelli è solido e straordinario, alimentato da una continua ricerca e sperimentazione: dalle tecniche ai materiali, dalle forme alla funzione.
Inizialmente condividono lo studio con Luigi Caccia Dominioni; poi negli anni Sessanta l’edificio di corso di Porta Nuova viene abbattuto e Achille, insieme al fratello Pier Giacomo, con alle spalle l’eredità artistica del padre Giannino, sposta lo studio in piazza Castello 27.
Un edificio che affaccia sul Castello Sforzesco; uno stabile sontuoso, esuberante, con il classico ingresso milanese che incanta per splendore; un appartamento dal “carattere di non-finito” con soffitti alti e parquet scricchiolante intriso di storia, pareti bianche, scaffali in legno, cassetti e teche che raccolgono disegni, oggetti e prototipi di ogni specie.
Oggi lo studio nel cuore di Milano è una fondazione curata dai figli di Achille Castiglioni, Carlo e Giovanna, e svolge un’attività di ricerca e conservazione dell’archivio composto da disegni, schizzi, fotografie, modelli e oggetti.
Entrando nella Fondazione veniamo travolti da un flusso di emozioni, bellezza e nostalgia di un’epoca in cui ebbe inizio l'esplorazione dello Spazio. A ogni oggetto sono connessi aneddoti personali che Giovanna, geologa che in veste di guida e narratrice porta avanti il metodo Castiglioni, ci racconta con entusiasmo e generosità.
Ammirare e sedersi dove un tempo Achille lavorava, e al tempo stesso - attraverso una parete a specchio posizionata nell’angolo della stanza accanto - teneva d’occhio lo studio intero. Tutti lo guardavano e lui guardava tutti.
Accomodarsi all'ampio tavolo in legno attorno al quale Achille sedeva insieme ai suoi amici architetti e non solo, come Marco Zanuso, Umberto Eco e Bruno Munari. Riflessioni, discussioni e pensieri si mescolavano al fumo di sigaretta che aleggiava sempre come nebbia fitta nella stanza.
Immergersi tra disegni e icone, che hanno caratterizzato e rivoluzionato il design italiano - come le lampade Toio, Parentesi, Taccia, Snoopy, il sedile Mezzadro - ed esplorare anche l’instancabile scomodità di Sella, una sedia pensata proprio per non essere comoda.
Diversamente dalle due sedute ideate per la sua mamma, Sedia Irma e Primate. Quest’ultima ci colpisce particolarmente per la sua forma e dimensione non convenzionali: il suo design nasce infatti da un innamoramento verso un parastinchi da hockey. Insieme a Giovanna, tra consigli, risate e maldestri tentativi per trovare la giusta posizione, ci si rende conto di non aver mai avuto un appoggio così stabile e comodo.
Il passato e il futuro si intrecciano tra progetti iconici e oggetti anonimi, che possono semplicemente trovarsi in un cassetto della cucina delle nostre case. Achille Castiglioni nel corso della sua vita raccoglie e custodisce una serie infinita di oggetti anonimi, per farsi ispirare, impressionare dalla loro funzione e dal loro aspetto, e poi trasformarli in capolavori del design.
Lo stesso sguardo curioso verso gli oggetti comuni che Giovanna eredita dal padre e che si ritrova, ad esempio, in un porta-frutta, scovato in un classico mercato cittadino, che con gesti semplici e immediati diventa sotto-pentole, porta-uova, centro-tavola, porta- bottiglie, offrendo al fruitore inattese possibilità d’uso.
Innovare, guardando semplicemente la realtà in modo diverso.
Non esiste uno Stile Castiglioni, ma un metodo Castiglioni di fare l’oggetto, esente dal segno. Unire espressività e funzionalità, senza rinunciare alla ricerca sulle tecnologie, sui materiali e sui processi produttivi, trasferendo al prodotto industriale creatività, divertimento, invenzione ed estrema praticità. Gli oggetti devono stare insieme, non per forza devono avere elementi comuni tra loro.
Tutto questo è lo sguardo unico e ironico di Achille.
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