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redazione@insideoutrend.itUn appartamento scenografico nel cuore di Milano diventa il primo showroom virtuale per raccontare il design in modo inedito, social e alla portata di tutti.
Un movimento di rottura, provocatorio, votato all’eccesso e alla sperimentazione giocosa di volumi e cromie, animato da effetti cangianti e luccicanti.
Ancora oggi sono molti gli aspetti di moda e design che riprendono quell'attitudine all'emancipazione e al culto della trasformazione - cifra stilistica degli Anni Settanta.
Con le sue atmosfere suggestive e ricche di contrasti, Tropical Chic è uno stile eclettico, che delinea accostamenti audaci, tra forme minimal e colori brillanti.
L’impatto della globalizzazione, che si muove senza fare rumore, mette in discussione ancora una volta il ruolo rilevante della città. Non più solo spazio di condivisione, di incontro, ma laboratorio dove lo sviluppo sociale, economico e sostenibile viene calcolato, ridotto a numeri e proiezioni. Davanti a questa nuova prospettiva di un mondo interconnesso, ci troviamo di fronte a un umanesimo nuovo, o forse alla negazione dello stesso.
Inseguiamo e creiamo nuovi processi abitativi di urbanizzazione e colonizzazione.
Eccola, Nusantara. La nuova capitale dell’Indonesia, progettata per essere l’antidoto alla decadenza di Jakarta, che nel frattempo sprofonda, letteralmente. Jakarta è troppo piena, troppo vecchia, troppo stanca per essere salvata. Così, la risposta non è il rinnovamento, ma l’abbandono. Si riparte da zero, su un’altra isola, Kalimantan. È una decisione che sa di conquista, una conquista tecnologica, ecologica, economica. La foresta del Borneo viene rimodellata, scolpita per accogliere una nuova città, una nuova visione. Nusantara, con il suo nome che evoca l’arcipelago indonesiano, è la promessa di una città sostenibile, resiliente, moderna, ma è anche una sfida: colonizzare un nuovo spazio, piegarlo alle esigenze dell’uomo moderno, tecnologico, globale.
Il disegno della città non è solo fisico, ma ideologico.
La città è un tentativo di controllo: l'uomo plasma il paesaggio, la città non evolve, la città si impone. Non cresce per stratificazioni storiche, per accumulo di memorie, ma nasce già completa, una dichiarazione di intenti.
A migliaia di chilometri di distanza, ai piedi del Monte Fuji, c’è un altro progetto, una nuova città che condivide con Nusantara il destino di essere creata da zero: Toyota Woven City.
Qui la visione è ancora più radicale. Se Nusantara è una capitale per un futuro sostenibile, Woven City è un prototipo di città tecnologica. Progettata da Bjarke Ingels Group (BIG), è costruita non per ospitare semplicemente la vita umana, ma per integrarla in un sistema tecnologico perfetto. Le strade, come fibre intrecciate di un tessuto, separano i flussi di pedoni, biciclette, veicoli autonomi. L’architettura è essenziale, minimalista, quasi invisibile. L’essenza della città non è nei suoi edifici, ma nella rete di connessioni invisibili che la attraversano: energia, dati, movimento. Woven City non è solo una città, sembra un manifesto. Un luogo in cui le tecnologie più avanzate – dall’intelligenza artificiale all’idrogeno come fonte di energia – non sono solo presenti, ma protagoniste.
“L’utopia della smart city trova in Woven City la sua massima espressione.”
Le città, nella loro nuova forma, non sorgono più per evoluzione naturale, ma vengono pianificate, calcolate, disegnate come se fossero semplici schemi su carta bianca. Non sono costruite per crescere, ma per essere perfette, senza possibilità di errore. È qui che il concetto stesso di abitare diventa un atto di colonizzazione. Il territorio, l’ambiente, l’essere umano: tutto viene subordinato a un ideale, che si espande silenziosamente.
Eppure, c’è chi ha osato immaginare una risposta diversa.
Negli anni ’60, Archigram, un collettivo di architetti, propose un’idea radicale: l’Instant City. Una città, declinata in diverse versioni, che non è fatta di pietra, di acciaio, di tecnologia sofisticata, ma di mobilità, di temporaneità, di libertà.
La Instant City non si costruisce, si installa.
Appare e scompare come un evento, una manifestazione di pura energia creativa. Non ha bisogno di un luogo fisso, perché il suo scopo non è quello di durare. Può comparire nel giro di una notte e dissolversi dopo una settimana. È un’esplosione di possibilità, di connessioni umane, di esperienze che si consumano nel momento.
Non promette ordine o perfezione, non è pensata per essere efficiente, permanente, stabile, ma per essere viva. Niente auto a guida autonoma, né grattacieli verdi o reti digitali che collegano tutto, ma persone che si muovono, che vivono, che abitano la città per il tempo che serve. È l’antitesi di tutto ciò che rappresentano Nusantara e Woven City.
Temporaneità contro permanenza, imprevedibilità contro programmazione.
È l’idea che forse, alla fine, l’essenza della città non sta nella sua forma fisica, ma nel modo in cui le persone la vivono, in cui si incontrano, in cui si perdono.
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